GABRIELE D’ANNUNZIO E “IL PIACERE”. Appunti sintetici

Gabriele_D'AnunnzioNell’Italia dell’ultimo decennio dell’Ottocento – mentre si consuma definitivamente l’esperienza della poesia tardo-romantica ed anche la forma-romanzo rappresentata dalla “linea Manzoni-Verga” comincia a dare segni di cedimento – la borghesia, che aveva svolto un ruolo-guida fondamentale nel periodo delle lotte risorgimentali, si rivela incapace di esprimere nuovi valori ed ideali e deve ammettere il proprio fallimento, mostrando un volto sempre più meschino, affaristico, mediocre. La società borghese ora si identifica con la “folla” anonima, avida di divertimenti (è il periodo del cabaret e del cafè chantant) e di prodotti culturali “mercificati”, adatti ai gusti di un pubblico massificato (romanzetti sentimentali, appendicistica).

Nella prima metà del secolo, l’eroe romantico aveva incarnato gli ideali della borghesia in ascesa; nell’Italia post-risorgimentale, l’eroe decadente ne incarna l’irreversibile declino morale. La sua “fuga dalla realtà” si manifesta in modi differenti: dai “paradisi artificiali” di Baudelaire a quelli “esotici” di Rimbaud, dall’isolamento “estetico” di Andrea Sperelli (ne Il Piacere) all’esaltazione superomistica di altri personaggi dannunziani, che – tra eros, vitalismo e “volontà di potenza” – interpretano lo “spirito dionisiaco” (da Giorgio Aurispa de Il trionfo della morte a Claudio Cantelmo de Le vergini delle rocce).

Tra gli intellettuali e la società si consuma, dunque, una frattura destinata ad accrescersi nel tempo, ma l’artista decadente vive in molti casi una contraddizione di fondo: da un lato, tende all’isolamento, rifiuta la volgarità, il cattivo gusto, la logica del profitto, dall’altro è attratto dalle novità tecnologiche (automobile, aeroplano, cinematografo), dalle possibilità offerte dal nuovo mercato (il pubblico-massa) e non disdegna la collaborazione con i colossi dell’editoria (Treves e Sommaruga). È appunto questo il caso di Gabriele D’Annunzio.

Ultimo “poeta-vate”, raffinato cantore di atmosfere decadenti, il poeta-scrittore pescarese scrisse moltissimo, intervenendo sulle proprie opere con modifiche e rifacimenti, preparando progetti, spesso mai ultimati, e abbozzi lasciati incompiuti. Anche per questo motivo è difficile ricostruire con precisione tutta la sua intensa attività letteraria caratterizzata da sperimentalismo ed eclettismo. Usò talora in modo spregiudicato i propri modelli letterari (Baudelaire, Verlaine, Zola, Maupassant, Flaubert, Huysmans) spesso attirandosi accuse di plagio. In poesia sperimentò tecniche poetiche varie: poema lungo, verso barbaro (alla maniera carducciana), poesia civile, poesia simbolista. In prosa spaziò dal romanzo verista a quello simbolista, dal romanzo-saggio alla prosa giornalistica o di memoria. Duramente contestato dalle generazioni poetiche successive, ha senz’altro influenzato molti autori del nostro Novecento: non solo i “frammentisti” vociani e i “rondisti” (che si sono ispirati alla sua prosa autobiografica e “notturna”), ma anche gli ermetici e lo stesso Montale devono molto alla sua lingua poetica.

BIOGRAFIA SINTETICA. Nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da un’agiata famiglia borghese. Compie studi classici presso il prestigioso Liceo Cicognini di Prato.

Periodo romano (1881-1891): frequenta gli ambienti letterari e mondani della Roma “bizantina”. Vive passioni tormentate, secondo i canoni dell’imperante estetismo. Nel 1889 pubblica Il piacere presso l’editore Treves.

Periodo napoletano (1891-1893): stringe amicizia con Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao (fondatori del quotidiano “Il Mattino”). Collabora a giornali e riviste. Si avvicina alla filosofia di Nietzsche. Compone il Giovanni Episcopo e L’Innocente.

Nel 1894 a Venezia conosce l’attrice Eleonora Duse che diverrà sua amante e musa. Nel 1897 è eletto deputato della Destra, ma contesta le Leggi Pelloux.

Periodo fiorentino (1898-1909): si trasferisce nella villa La Capponcina per stare vicino alla Duse, ma in seguito alla drammatica rottura con l’attrice e ai numerosi debiti deve lasciare l’Italia.

Periodo parigino (1909-1914): nella capitale francese, dove è molto noto, frequenta gli ambienti mondani e letterari della città, stringe rapporti con Marinetti e Debussy.

La grande guerra (1915-1918). Allo scoppio della I guerra mondiale, D’Annunzio ritorna in Italia e si arruola volontario. Vivrà anche la guerra come un’esperienza eroica ed esaltante, distinguendosi in operazioni belliche e propagandistiche divenute famose (La beffa di Buccari, il volo su Vienna).

L’Impresa di fiume (1919-1921): subito dopo la guerra, D’Annunzio e i suoi “legionari” occupano la città di Fiume che le potenze vincitrici non avevano assegnato all’Italia. Nel 1920 l’esercito italiano fa sgomberare con la forza la città ponendo fine all’avventura fiumana.

L’“esilio” al Vittoriale degli Italiani (1921-1938): dopo la conclusione dell’impresa di Fiume, il “vate” si trasferisce nella grandiosa villa di Gardone Riviera e vi resterà fino alla morte, continuando a scrivere e ad alimentare il proprio mito personale. Ambigui furono i rapporti col fascismo e con Mussolini (per il quale la retorica dannunziana fu senz’altro fonte d’ispirazione). Il Duce appoggiò la pubblicazione dell’edizione nazionale delle sue opere.

Il PIACERE

Scritto nel 1888, il primo romanzo dannunziano fu pubblicato presso l’editore Treves l’anno successivo. Nel 1895 fu tradotto in francese (L’enfant de volupté) secondo una redazione, diversa da quella italiana, curata personalmente dall’autore. L’impianto narrativo è ancora di tipo naturalistico, ma la sensibilità oramai è “decadente, così come i personaggi e gli ambienti rappresentati. Insieme all’Innocente e al Trionfo della morte, Il piacere fa parte di un ciclo – la “Trilogia della Rosa” – dedicato al tema dell’amore sensuale (la rosa è simbolo di lussuria). Rispetto agli altri romanzi, caratterizzati da pochi avvenimenti, intrecci banali, narrazione a episodi, il Piacere ha una trama piuttosto originale che riserva sorprese e crea una certa suspense. Si tratta di un elemento raro nella narrativa dannunziana, in quanto l’autore, generalmente si mostra poco interessato alle trame romanzesche, preferendo le descrizioni di ambienti e di atmosfere.

TRAMA. Al centro della narrazione vi sono le tormentate vicende amorose del protagonista Andrea Sperelli (esteta, dedito al lusso e all’amore sensuale, alter-ego dell’autore), diviso tra due figure femminili contrapposte: la femme fatale Elena, sensuale e voluttuosa, e la pura ed innocente Maria. Ad una festa esclusiva Andrea conosce Elena Muti, una giovane contessa rimasta vedova con la quale intraprende una focosa relazione. Quando però, la donna annuncia al suo amante di voler troncare la storia e di aver preso la decisione di andarsene da Roma, Andrea inizia una vita dissoluta. Dopo essere passato di donna in donna, rimane ferito in duello e durante la convalescenza conosce Maria Ferres, donna casta e religiosa, di cui si invaghisce e che tenta in ogni modo di sedurre. Tornata nel frattempo a Roma anche Elena, Andrea decide di possedere entrambe le donne; Maria alla fine cede al desiderio dell’uomo, Elena invece gli resiste, accrescendo in lui il desiderio di averla. Così, pur avendo cominciato un’intensa relazione con Maria, il giovane Sperelli non fa che pensare ad Elena e per errore chiama la propria donna con il nome dell’altra. Dopo aver perso Elena, Andrea perde così anche Maria, restando solo.

STRUTTURA. La struttura è di tipo tradizionale, lineare, interrotta da un lungo flashback (la storia della passata relazione tra Andrea Sperelli ed Elena Muti) e da altre sfasature temporali che rompono lo schema naturalistico della narrazione. Nonostante il motivo autobiografico, il romanzo è in terza persona. Lo sfondo è costituito dalla “Roma bizantina”, animata da feste, pranzi, corse ippiche, aste d’antiquariato, concerti ed altri eventi tipici del mondo aristocratico della capitale che D’Annunzio ben conosceva. Roma si presenta come una città lussuosa, splendida ma decadente come l’aristocrazia che la anima: elegante, raffinata, ma in pieno declino morale. Un senso di disfacimento e di morte aleggia sui personaggi e non a caso il romanzo si conclude con un trasloco che ha l’aspetto di un corteo funebre.

PERSONAGGI. D’Annunzio è abile nel costruire figure femminili, sa penetrarne la psicologia e sa descriverne la bellezza attraverso dettagli del corpo e dell’abbigliamento. Nel Piacere Elena Muti e Maria Ferres, sono figure antitetiche e proprio per questo il protagonista proverà a possederle entrambe. Le due donne alimentano il suo narcisismo, sono funzionali al suo progetto di vita (“habere, non haberi”, “possedere, non essere posseduto”), che però si concluderà con un totale fallimento e un destino di solitudine. Elena (il cui nome, non a caso, rimanda a Elena di Troia) è la personificazione della donna fatale, emancipata, seduttrice, cinica, pronta a tutto per conseguire i suoi obiettivi. Andrea Sperelli è totalmente avvolto dal suo spregiudicato erotismo, ma, sedotto e abbandonato, si ritrova come un oggetto nelle mani della femmina. Maria Ferres (il nome rimanda alla Vergine Maria) è la donna pura e delicata, che rappresenta per Andrea l’occasione di un riscatto morale. Tuttavia l’esteta libertino mente a se stesso, l’amore per la donna angelo è solo il pretesto per un gioco sottile e perverso (vuole sedurre Maria, ma non la ama veramente). La “donna pura” dovrebbe sostituire Elena nel cuore di Andrea, ma quest’ultimo continua a desiderare la “donna peccatrice” (che lo rifiuta). Alla fine, come abbiamo detto, l’uomo resterà solo, abbandonato da entrambe. Nonostante l’indubbio fascino esercitato dalle figure femminili, tuttavia al centro dei romanzi dannunziani vi è sempre il “maschio-dominatore”: Sperelli è il dandy che costruisce artificiosamente la sua esistenza attorno ai canoni dell’estetismo, seguiranno l’eroe sportivo (Paolo Tarsis di Forse che sì, forse che no) e il superuomo (Giorgio Aurispa de Il trionfo della morte e Claudio Cantelmo de Le vergini delle rocce).

LINGUA E STILE. La prosa dannunziana è sintatticamente semplice con un uso prevalente della paratassi, il lessico tuttavia è ricercato, ricco di parole rare e preziose e di nomi esotici usati allo scopo di creare determinate sonorità musicali (secondo i dettami simbolisti). Gli oggetti preziosi – descritti minuziosamente, così come gli ambienti in cui sono collocati – si caricano di valenze simboliche e fanno da contorno indispensabile alle vicende del protagonista, ma quasi lo soffocano, impedendone l’azione. L’esteta infine è vittima del mondo lussuoso e ipertrofico che egli stesso ha creato.

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