Biografia sintetica. Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schimtz) nasce nel 1861 a Trieste, città mitteleuropea, la cui cultura composita (austriaca, tedesca, slovena, ebraica, italiana) è assimilata dal giovane Italo, appassionato lettore di classici tedeschi e italiani. Prima bancario, poi direttore della fabbrica di vernici del suocero, Svevo vive la sua passione letteraria nei panni di scrittore dilettante, immerso in un mondo impiegatizio, medio-borghese che costituirà lo sfondo dei suoi romanzi.
I primi due – Una vita (1892) e Senilità (1897) – non hanno successo, da qui la decisione di interrompere per circa un ventennio la pubblicazione di altre opere. In questi anni di “silenzio letterario” viene a contatto con la psicanalisi di Freud e conosce James Joyce (suo insegnante di inglese) che legge ed apprezza i suoi romanzi, riconoscendone subito gli elementi di novità. Nel 1919 comincia la stesura di un nuovo romanzo che pubblicherà a proprie spese nel 1923: La coscienza di Zeno. Joyce (che nel ’22 aveva pubblicato l’Ulisse) fa conoscere l’opera di Svevo in Francia, mentre Eugenio Montale nel 1925 pubblica sulla rivista “L’esame” un Omaggio a Italo Svevo col quale comincia la fortuna dello scrittore triestino in Italia. Nel 1928 Svevo muore in un incidente automobilistico.
LA COSCIENZA DI ZENO
Con La coscienza di Zeno, Svevo supera gli schemi della narrativa naturalistica (ancora presenti nei due romanzi precedenti) e attraverso la scoperta della psicanalisi (cui si aggiunge la riflessione umoristica) si collega alle esperienze narrative più moderne e di respiro europeo.
Il narratore. L’opera è un’autobiografia aperta, in cui c’è somiglianza tra autore e protagonista, ma non identificazione. Zeno parla in prima persona, ma è un narratore inattendibile: non sappiamo se quello che ci racconta è vero o costituisce una sua manipolazione della realtà.
La struttura. La storia narrata è quella di una cura psicanalitica interrotta. Il protagonista, infatti, su invito del Dott. S. (Sigmund? Svevo? Schmitz?), scrive un diario come preludio alla terapia che dovrebbe liberarlo dal vizio del fumo (sintomo della sua nevrosi). Tuttavia il Dott. S., all’insaputa di Zeno, pubblica il diario “per vendetta” (intende punirlo per aver interrotto la cura). Svevo, in questo romanzo, rompe lo schema narrativo tradizionale (trama lineare con eventi disposti in ordine logico-cronologico) e procede per nuclei tematici distribuiti in 8 capitoli:
- Prefazione (Dott. S. presenta le memorie di Zeno, un mix di “verità e bugie”)
- Preambolo (Zeno tenta un impossibile recupero memoriale)
- Il fumo (incapacità di liberarsi dal vizio)
- La morte di mio padre (rapporto di odio-amore – senso di colpa di Zeno)
- La storia del mio matrimonio (il protagonista ama la bellissima Ada ma “ripiega” su Augusta, sorella di lei. Questa scelta “forzata” si rivelerà vincente)
- La moglie e l’amante (tradimento con la popolana Carla – ancora sensi di colpa)
- Storia di un’associazione commerciale (entra in società con il suo “antagonista”, il cognato Guido Spier. Uomo, intelligente e di successo, si rivelerà invece fragile giungendo al suicidio).
- Psico-analisi (ritorno al presente – Zeno annuncia l’interruzione della cura psicanalitica, alla quale non crede, e dichiara di essere guarito grazie al successo commerciale).
Il personaggio. Zeno è un personaggio moderno, dalla complessa psicologia: è alla ricerca continua di un equilibrio irraggiungibile; rifiuta gli inganni, le ipocrisie e gli artifici della società borghese ma, al contempo, ne è attratto. È attaccato ai suoi vizi, spesso mente e non riesce ad essere sincero neppure con se stesso. Ha molti tratti in comune con gli inetti, protagonisti dei precedenti romanzi sveviani, ma rispetto a questi ha diverse connotazioni che lo rendono più moderno e problematico:
- È un personaggio umoristico: Zeno non è uno “sconfitto” come Alfonso Nitti (Una vita) o Emilio Brentani (Senilità). La sua inettitudine è “consapevole”, “cosciente” e si manifesta come incapacità di smettere di fumare, di sottrarsi al vizio. In questo terzo romanzo la mancanza di una volontà forte (l’inettitudine) non conduce il personaggio verso l’autodistruzione (suicidio, isolamento, vecchiaia precoce), in quanto tutta la vicenda umana di Zeno è calata all’interno di una dimensione umoristica. Gli errori, i lapsus, le fissazioni di Zeno, tutti gli equivoci e i fraintendimenti della sua vita sono vissuti con un sorriso impassibile, con un distacco ironico che cancella la dimensione tragica e annulla il senso di sconfitta. È vero che Zeno “inciampa nelle cose”, ma cade in piedi! Non si lascia travolgere dagli eventi, ma si immerge in essi e alla fine, con distacco e ironia, riesce anche a raggiungere il successo: potremmo dire, con un ossimoro, che è un “inetto vincente”.
- È un personaggio malato: Zeno è l’antitesi dell’eroe dannunziano: è un anti-eroe malato di nevrosi e la sua malattia (somatizzata a vari livelli: vizio del fumo, claudicazione) è quella tipica dell’uomo contemporaneo che sperimenta ogni giorno la crisi dei valori, delle ideologie, di ogni certezza scientifica e filosofica. Se la malattia non è individuale ma è comune a tutti gli uomini, allora la guarigione è impossibile. Scrivere un diario potrebbe aiutare a ricercare le cause della malattia, ma Zeno mente a se stesso e al dottore (e la scrittura, in generale, è sempre finzione e artificio). In definitiva la psicanalisi può essere considerata un valido strumento di interpretazione della realtà e del soggetto, ma (per Svevo/Zeno) è assolutamente inefficace come terapia medica.
I temi. La nevrosi è il tema portante del romanzo, è la molla che fa scattare la narrazione, che spinge Zeno a raccontarsi. Tuttavia, come già detto, si tratta di una malattia universale: la salute, infatti, non esiste se non come sosta provvisoria tra due tipologie di malattia: l’inerzia e l’eccesso di vitalità (l’inettitudine di Zeno vs il morbo di Basedow di cui soffre Ada). Zeno “guarisce” in concomitanza con lo scoppio del primo conflitto mondiale. Attraverso la guerra e i suoi orrori, egli ottiene il successo negli affari e prende coscienza che la civiltà è “inquinata alle radici”.
La conclusione. La malattia degli uomini (manifestatasi con particolare evidenza e virulenza nel corso del conflitto) è una componente ineliminabile della società umana e sarà essa stessa a far esplodere la Terra facendola ritornare allo stato di nebulosa: è questa l’unica via d’uscita, la prospettiva apocalittica e palingenetica contenuta all’interno di una conclusione paradossale.