LUIGI PIRANDELLO. Pensiero e poetica

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IL PENSIERO

Per comprendere il pensiero di Pirandello dobbiamo considerare le sue vicende esistenziali (la follia della moglie), la sua formazione culturale (gli studi in Germania), ma soprattutto il periodo storico in cui lo scrittore siciliano vive. Un delicato momento di transizione in cui vengono meno tutte le certezze scientifiche di fine Ottocento (crisi del Positivismo) e si affermano nuove teorie filosofiche che distruggono i concetti tradizionali di tempo, spazio, realtà, coscienza. Pirandello è tra i primi intellettuali europei a rappresentare (attraverso le novelle, i romanzi e le opere teatrali) la crisi dell’uomo del Novecento: un uomo che ha perso l’unità della coscienza e che vive in una realtà contraddittoria e frammentata, dominata dal caos; una realtà nella quale è impossibile vivere in modo autentico, ma dove anzi è necessario indossare una maschera e recitare la propria parte.

Teorie filosofiche del primo Novecento che influenzano la poetica pirandelliana

FREUD – Pluralità dell’io: Freud dimostra che l’uomo non è “uno e indivisibile”, ma è formato da più livelli psichici (ego, es, super-ego): livello della coscienza e livello dell’inconscio. L’uomo quindi è un essere complesso, indecifrabile, pieno di contraddizioni e anche per questo motivo è incapace di entrare in relazione con gli altri (incomunicabilità).

BERGSON – Pluralità della realtà: per Bergson la realtà non è fissa e oggettiva, ma è un “flusso indistinto” una sorta di energia vitale in continua trasformazione. Per questo motivo la realtà è inconoscibile, inafferrabile perché dominata dalla casualità.

SIMMEL Relativismo conoscitivo: anche per Simmel la vita è un continuo divenire e non esiste nessuna verità assoluta. Gli uomini cercano di interpretare e di dare un senso alla vita creando fedi religiose, teorie scientifiche, ideologie politiche, ma nessuna di queste ha una validità universale (infatti le religioni, le idee, le scienze cambiano nel corso della storia). Il risultato è che non esistono verità assolute, ma solo verità relative, cioè vi sono tante verità quanti sono i punti di vista delle persone.

LA POETICA

Pirandello partendo dalle teorie sopra descritte elabora una propria visione della realtà e della vita e la rappresenta nelle sue opere. Questi sono gli elementi fondamentali della poetica pirandelliana:

La realtà come caos. Innanzitutto per Pirandello non esiste una realtà oggettiva, organizzata e conoscibile attraverso la scienza. La realtà è dominata dal caos, non è regolata da leggi, è soggettiva, cioè cambia a secondo di chi la guarda. Quindi Pirandello pur partendo dai modelli veristi (Verga e Capuana) poi li supera perché se non esiste una realtà oggettiva, non può esistere neppure uno scrittore che la descrive oggettivamente (come pretendevano di fare i veristi). La realtà è inconoscibile.

L’Io frantumato. Non solo l’uomo non può conoscere la realtà, ma non conosce veramente neppure se stesso! Freud ha svelato l’esistenza dell’inconscio (luogo degli istinti profondi, delle pulsioni incofessabili), ha dimostrato che nell’uomo convivono più personalità. Pensiamo di sapere chi siamo (uno), ma gli altri ci vedono diversamente (centomila), per cui alla fine non abbiamo un’identità autentica (nessuno). Tutto ciò può portare alla follia come accade al protagonista di Uno, nessuno e centomila.

Lanterninosofia. Abbiamo detto che per Pirandello non esiste una realtà oggettiva. Ogni uomo ha una sua visione personale, soggettiva della realtà, ha una fede, un’ideologia politica, delle convinzioni (altrimenti non potrebbe vivere). Per dire ciò Pirandello usa la metafora del “lanternino”: ogni uomo vive come se avesse una piccola lanterna accesa sulla testa che proietta un fascio di luce. Quel fascio di luce è la sua visione dell’esistenza: più sono forti le certezze dell’uomo più intensa è la luce, più aumentano i dubbi più la luce si fa fioca, fino a spegnersi…

Incomunicabilità. Ognuno di noi, dunque, ha la sua verità, il suo punto di vista sulla realtà, quindi, ognuno è chiuso nel proprio mondo con le proprie opinioni e non riesce a entrare in sintonia con gli altri. Ogni uomo finge di “comunicare”, ma in realtà i rapporti tra gli uomini (anche all’interno della famiglia) sono caratterizzati da ipocrisia e falsità. Tutto ciò accresce la solitudine di ciascuno.

Contrasto vita/forma. La vita come afferma Bergson è un flusso incessante di passioni, istinti e sentimenti, un’energia in continua trasformazione. Gli uomini sono immersi in questo flusso, ma poi devono staccarsi e acquisire una forma stabile, cioè accettare i ruoli che la società ci impone (padre di famiglia, lavoratore, marito, ecc.).

Le maschere. Gli uomini quindi per vivere nella società devono indossare delle maschere, interpretare dei ruoli. Le maschere sono delle “prigioni”, a volte soffocanti, e la vita appare come una trappola” senza via d’uscita. Tuttavia è impossibile strapparsi la maschera, significa rimanere escluso per sempre dalla vita (come accade nel Fu Mattia Pascal), oppure abbandonarsi alla follia. Il folle è libero, ma è condannato all’esclusione dalla società.

LA POETICA DELL’UMORISMO

Se l’io è frantumato e la realtà è inconoscibile, non è possibile nessun tipo di rappresentazione oggettiva. L’unica chiave per interpretare la realtà è l’Umorismo che non va confuso con la comicità:

  • comicità: è “avvertimento del contrario”, cioè rido dinanzi ad una situazione diversa da come dovrebbe essere (una vecchia sigora truccata e vestita come una ragazzina)
  • umorismo: è “sentimento del contrario”: cioè rifletto su quella situazione strana e grottesca e il mio riso si trasforma in un “sorriso amaro” pieno di malinconia, scopro il dramma che si nasconde dietro quel fatto ridicolo (la vecchia signora si trucca e si veste da ragazza perché ha paura di perdere il marito più giovane di lei).

Insomma l’umorismo ci fa scoprire il dramma che si nasconde dietro ogni situazione apparentemente ridicola o contraddittoria. Mattia Pascal che non riesce a cambiare vita e ad essere Adriano Meis perché gli mancano i documenti che attestino la sua identità incarna una situazione apparentemente ridicola ma, se riflettiamo, la sua è una situazione drammatica: è l’uomo che non riesce ad essere se stesso e che per vivere ha bisogno di un “pezzo di carta”. Vitangelo Moscarda che giunge alla follia perché scopre che gli pende il naso ci fa ridere, ma anche qui, se riflettiamo, comprendiamo che il poveretto proprio a causa di quel dettaglio senza importanza si accorge che la sua identità è frantumata, non si riconosce, non sa più chi è, non ha più certezze.

Quindi l’umorismo nasce dalla “riflessione” ed è l’unico modo per descrivere la realtà. In definitiva, Pirandello segna il fondamentale passaggio dal “romanzo verista” al “romanzo umoristico”; dal romanzo ottocentesco, col suo carattere oggettivo e il suo andamento lineare, al moderno romanzo della “crisi”, fondato sull’interiorità del personaggio e sul suo male di vivere.

 

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